Buongiorno
e bentrovati!
Oggi
chiacchiericcio su un libro letto qualche settimana fa ( inizio
luglio ) per il gruppo di lettura di JoReads ( join the squad ). Si
tratta di “Il college delle brave ragazze” di Ruth Newman, un
thriller psicologico – genere che leggo molto raramente, ma che
apprezzo ( se fatto bene ) grazie a “L’amore bugiardo” di
Gillian Flynn. Non avevo mai sentito nominare l’autrice, né il
libro quindi mi ci sono fiondata a capofitto. Permettetemi di
storcere il naso di fronte a traduzione del titolo e alla scelta di
dubbio gusto della copertina. Why Garzanti, why?
La
storia di svolge all’Ariel College, una delle tante prestigiose
università che fanno parte del meraviglioso complesso di Cambridge (
e avendolo visitato so che è DAVVERO meraviglioso ), quindi: edifici
bellissimi e antichissimi, prati all’inglese perfetti, un canale su
cui studenti avvenenti e intelligentissimi spingono barchette piene
di turisti con l’aiuto di pertiche illustrando la storia delle
università e le difficoltà di dover dare sempre il massimo perché
è quello che ci si aspetta da loro. Sarà proprio la fatica di dover
stare al passo con una cerchia di amici di un livello superiore, la
pressione scolastica e un amore bugiardo ( ndr libertà artistica ) a
cambiare per sempre la vita di Olivia e di chi la circonda. In un
ambiente così selettivo, protetto e controllato, il “Macellaio di
Cambridge” fa la sua comparsa mietendo giovani vittime: tutte
femmine, tutte belle, tutte della cerchia di Olivia. Le cose si fanno
ulteriormente interessanti quando Olivia stessa viene ritrovata
ricoperta di sangue, percossa e stravolta accanto al corpo di una
studentessa insieme a Nick, il suo ragazzo. Segue un periodo di
catatonia monitorato accuratamente da uno psichiatra che lentamente
riuscirà a stabilire un contatto e a scoprire la verità
sull’accaduto, o almeno una parte di essa.
Gettandomi
a capofitto in questa lettura, in principio, sono rimasta molto
confusa. Salti repentini tra passato e presente e tra personaggi mi
hanno reso la lettura caotica e disorientante. Sono stata costretta a
rileggere più volte i passaggi per cercare di capire la connessione
tra due scene apparentemente slegate solo per poi scoprire che ERANO
slegate. Mi ha rallentato molto e purtroppo questo saltellio di palo
in frasca non si attenua con l’avanzare, ma rimane costante e
fastidiosissimo. La seconda parte però diventa indubbiamente molto
più godibile a livello di trama. Si entra nel vivo del thriller con
una serie di colpi di scena che catturano il lettore e difficilmente
fanno venire voglia di chiudere il libro. Lo definirei “page-turner”, un libro che ti costringe a continuare e a voler sapere di
più. Ogni pagina presenta qualche dettaglio sconvolgente in grado di
gettare un barlume sulla risoluzione della vicenda e spinge il
lettore a tentare almeno un po’ di cercare di capire che cosa è
successo, di ordinare i pezzi e ricomporre il puzzle. Ci sono stati
momenti in cui ho pensato di aver capito tutto, ma poi succedevano
cose che mi portavano a credere di essermi completamente sbagliata e
poi altre cose che mi facevano tornare sui miei passi, alla mia
teoria iniziale, forse ci avevo visto giusto. La Newman è molto
brava a tratteggiare e giustificare i pensieri di un assassino
psicopatico e come spesso accade nei buoni thriller ci si ritrova a
parteggiare sempre per la persona sbagliata.
Ricapitolando,
buona l’ambientazione, buonissima la trama. Giocano a sfavore della
Newman il contorno di personaggi creati. Li ho trovati insopportabili
dal primo all’ultimo, scialbi, superficiali, unidimensionali, senza
spessore. Se non fosse per l’hobby di torturare e massacrare le sue
vittime, anche l’assassino passerebbe inosservato in un panorama di
personaggi con così poco spessore. Anche i dialoghi si riducono
all’infantilismo e all'amatoriale.
Mi
sembra palese che la Newman, per il suo assassino, si sia ispirata
platealmente a Jack lo squartatore sia per la scelta delle vittime,
sia per il modus operandi. A distinguerli, ma neanche troppo, sono le
motivazioni. Il Macellaio di Cambride è spinto da un senso di
rivalsa, da gelosia, dall’odio, dall’ossessione.
Il
Disturbo Dissociativo dell’Identità a cui si fa riferimento nel
libro mi ha inquietata non poco, probabilmente perché reduce del
film Split in cui la malattia è pilastro fondamentale delle
malefatte del protagonista. La Newman ha tentato di non utilizzarlo
superficialmente, si nota lo sforzo di ricerche, di rimedi, di
psicologia, tuttavia secondo me non è riuscita a darle quel tono
serio con cui un disturbo di questa portata merita di essere
trattato.
Concludendo,
è stata una lettura piacevole: ho trovato la trama molto
interessante, ma la scrittura un po’ mediocre.
★★★☆☆
Titolo: Il college delle brave ragazze
Autore: Ruth Newman
Casa Editrice: Garzanti
Pagine: 313
Prezzo di copertina: 10,90 euro ( tascabile )
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